La pazienza del tempo di casa Bertani

Non può dire di conoscere l'Amarone della Valpolicella chi non ha mai avuto la fortuna di fare una verticale di Amarone della Valpolicella Classico Bertani. Il che è meno difficile di quel che si può pensare: non solo perchè Bertani è la storia di questo vino, ma soprattutto perchè almeno una volta l'anno apre i cancelli della sua cantina di vinificazione di Grezzana e mette in degustazione fior di bottiglie e di annate.

Così è stato anche per quest'anno: tema conduttore della giornata, il tempo. Un elemento-chiave nell'ontologia dell'Amarone della Valpolicella, normalmente ignorato dall'andazzo produttivo corrente (con gli esiti sensoriali che conosciamo). 

Con la conduzione misurata ed elegante di Davide Paolini - così lontano, per fortuna, dalla stucchevole banalità di certe performance television-style - chi voleva poteva intraprendere un viaggio affettivo-sensoriale in uno dei quattro decenni proposti: gli anni '60-80-90-2000. Noi abbiamo fatto soprattutto quella degli anni '80, con l'Amarone della Valpolicella Classico 1981 come testimonial dell'annata. Una bottiglia che all'assaggio ha dimostrato di aver raggiunto una sua quasi inamovibile maturità: colore rubino scuro tendente al mattone, compatto, con profumi che spaziano dai datteri alle noci alla prugna, dalla liquirizia al caffè fino all'inevitabile ciliegia macerata sotto spirito. Lungo, morbido, setoso. That's Amarone.

Ma la vera sorpresa della giornata è stata la degustazione: nei bicchieri, 3 annate di Secco Bertani e 2 di Amarone della Valpolicella Classico.

Il primo è un vino nato moderno, attuale pur essendo prodotto ormai da oltre 120 anni. Pensato per finire in bottiglia quando il 90% del vino dell'epoca si commercializzava sfuso o in grandi fusti.

E' il vero, unico, inconfondibile Valpolicella Ripasso (forget the rest) realizzato con l'uso di vinacce di Recioto e Amarone insieme - e mai comunicato come tale

Perchè "è" il Secco Bertani: un nome, un vino, uno stile (che dal 1968 si fregia della dicitura "Valpolicella-Valpantena"). Impossibile confondersi o sbagliare. 

La degustazione ha proposto l'ultima annata (2009), il 1996 e il 1953. 

2009: colore rubino scuro sfumato di rosso, non denso, fresco al naso di erbe dell'orto (rosmarino, salvia), legno odoroso (cirmolo) con una sfumatura dolce di frutta rossa in confettura. In bocca è piuttosto vibrante, ben secco, succoso, con una spalla acida non banale, di grande bevibilità.

1996: colore rubino scuro sfumato di mattone, ha profumi più evoluti ma sempre rotondi e accattivanti di prugne secche, un ricordo di miele di castagno, noce e mallo. In bocca è ancora molto bevibile, fresco, forse un po' corto, ma con bella acidità.

1953: il migliore dei tre. Senza se e senza ma. Color mattone nel bicchiere, ha profumi scuri molto evoluti di tabacco, cuoio chiaro, frutta secca, mallo di noce, pino di mugo. Balsamico al naso e in bocca, sa di polvere di caffè, eucalipto, datteri. 

Accanto al Secco Bertani, il tasting proponeva anche due annate dell'Amarone Classico, quello che nasce in Villa Novare ad Arbizzano: l'ultima in commercio (il 2004) e il 1964.

Amarone della Valpolicella Classico 2004: in bottiglia da 13 mesi, in commercio da poco, è un vino ancora giovane, con un colore rubino non fitto e profumi di piccoli frutti rossi di rovo, con una sfumatura dolce di ciliegia sotto spirito e cioccolata fondente. Coerente in bocca, è severo, rigoroso, affatto ruffiano, lungo, fresco, elegante, setoso.  

Amarone della Valpolicella Classico 1964: colore rubino scuro tendente al mattone, profumi evoluti di sottobosco, muschi, balsamico e fresco di resina, bosco, funghi, noci, chiodi di garofano, fiori secchi. Un ricordo di miele di castagno e poi prugne secche  e ciliegie sotto spirito. Notevole l'acidità, bella la secchezza e il finale di mandorle e noci.

Questi i vini. Ora, qualche notazione a margine.

"Prendersi il tempo giusto per far bene le cose: un’arte che si impara col tempo" era il leit-motiv della giornata. 

Se c'è un vino che ha bisogno di tempo, questo è l'Amarone. Lasciarlo crescere, evolvere, maturare secondo il suo ritmo (diverso in ogni annata e in ogni microterritorio) significa conoscerlo davvero e averne rispetto. Significa anche voler imprimere ad ogni bottiglia il proprio stile, assicurando al vino una continuità e una coerenza riconoscibili a distanza di anni. 

La pazienza del tempo di Bertani ne ha fatta un'azienda iconica a dispetto perfino delle sue traversie commerciali: e se c'è una cosa che appare chiara dopo aver fatto uno di questi viaggi a ritroso è che l'Amarone della Valpolicella è un'altra cosa.

Non è questione di modernisti o tradizionalisti. No, no. Qui si parla proprio di due vini diversi. Progettati e realizzati per avere destini commerciali e speranza di vita altrettanto diversi.

Quello di Bertani - il 1964, ma anche il 1981. O il commovente 1986 - è Amarone della Valpolicella. Un vino da conversazione, da meditazione, da camino; secco, rigoroso, lungo, elegantissimo. Ci puoi pasteggiare, ma è quasi un delitto, perchè basta a se stesso. Un vino filosofico - e pigrissimo -, farmaco efficace contro le mal de vivre contemporaneo. Speranza di vita: dai 20 ai 50 anni e oltre.

Tutti gli altri (con poche, lodevoli eccezioni)... Quelli in commercio, quelli da anteprima, quelli pret-à-porter (anzi,pret-à-boire), quelli che (purtroppo) portano lo stesso nome del precedente solo per imperio di legge e di disciplinare...

Beh, sono altra cosa. Altra storia. Ma, soprattutto, sono un vino altro