Come già in passato, anche quest'anno Veneto Agricoltura ha tenuto nei giorni scorsi al CREA di Conegliano un convegno per fare un primo punto della situazione sul vigneto veneto, presentando i dati raccolti dalla rete di rilevamento sparsa sul territorio regionale e formata da una serie di cantine cooperative e Consorzi di tutela. Nel 2016 il Veneto ha prodotto 10,1 ml di hl di vino, pari al 19,5% della produzione italiana e al 3,5% di quella mondiale, ricavati da uve che crescono in oltre 87 mila ettari di vigne. I produttori sono 25.538 (-3,8% rispetto l'anno precedente) e di questi 15.315 conferiscono nelle cooperative. Quanto alle esportazioni, il Veneto è sempre capofila, in Italia, ricavando dalla vendita dei suoi vini ben 2 miliardi di euro, pari al 35,6% del totale nazionale.
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Mancini - o della pasta con l'annata
Da quando ho aperto questo spazio - più di 10 anni fa - gli argomenti trattati hanno riguardato quasi esclusivamente il mondo del vino e solo molto marginalmente - e occasionalmente - quello del food. A volte però può capitare di scoprire tra i due ambiti delle inaspettate analogie: chi avrebbe detto, per esempio, che un pastificio e una cantina possono avere così tanto in comune? A patto però che il pastificio sia agricolo, come quello di Massimo Mancini, la cui azienda nella Marche è organizzata come una di quelle che producono vino: estesa per 500 ha, coltiva numerose qualità di grano. Per presentarla, e parlare della straordinaria avventura della pasta, recentemente è stato ospite dell'azienda Zymè in Valpolicella.
"La pasta ci caratterizza tutti, ne mangiamo almeno 27 kg a testa all'anno - ha detto Mancini - Il 97-98% della produzione é in mano alle industrie, mentre la percentuale di paste di qualità é del 2-3%. Però di questo argomento non si parla quasi mai, perché per quasi tutti la pasta é solo un porta-sugo. Eppure L'Italia ha un peso importante: all'estero la pasta buona é italiana, laddove gli altri prodotti -come il vino - sentono la concorrenza anche di altri Paesi". L'Italia é il più grande produttore al mondo di pasta, ma nonostante questo non ne abbiamo mai abbastanza, e siamo costretti a importare la materia prima: ca. il 50% del grano duro viene da Canada, USA, Australia, ecc. Attenzione, avverte Mancini " non é detto che il grano italiano sia sempre il migliore, e quello straniero sempre cattivo; nel mio pastificio utilizziamo solo i grani che coltiviamo, ma non tutti i produttori di pasta possono fare lo stesso. Il problema per gli agricoltori é che la coltivazione di grano duro non è remunerativa, perchè i prezzi sono decisi a livello comunitario". E i costi per produrlo finiscono per essere più alti del ricavato della sua vendita.
Fin dal 1938 la famiglia Mancini ha posseduto un'azienda agricola, ma è solo di recente che questa sta vivendo un autentico rilancio, grazie all'adozione di tecnologie modernissime e macchinari realizzati ad hoc. Il tutto con l'intento di recuperare metodi di lavorazione tradizionali.
"Coltivare il grano direttamente ti permette di essere consapevole di quello che stai facendo - ha affermato Massimo Mancini - .E il grano, come l'uva, non é sempre uguale. Per questo siamo l'unica azienda che scrive l'annata della pasta". E a proposito di annate, il 2014 è stato difficile anche per il grano: "E' stato un annata pessima. Raccolto il grano a luglio, l'abbiamo conservato in ambiente anaerobico e iniziato a lavorare a settembre. Presto però, da segnalazioni di nostri clienti affezionati, ci siamo accorti che gli spaghetti (il formato più difficile da fare) erano pieni di bottature (bolle di umidità). Abbiamo subito bloccato la produzione e buttato decine di quintali di pasta già fatta. Erano inservibili, in quelle condizioni. Ci mettemmo a studiare e a provare, e finalmente, dopo molte prove, abbiamo capito che c'era un problema con il glutine. L'annata insomma andava interpretata diversamente". Proprio come con il vino.
Narrazione (storytelling) a parte, non potevano mancare gli assaggi: 3 tipi di spaghetti a confronto, di un tipo comune (una marca nota), di un pastificio artigianale e del pastificio agricolo Mancini, tutti e tre conditi semplicemente in bianco. Il modo migliore per rendersi conto della differente texture della pasta, quella che oltre a tenere meglio il sugo, da' più soddisfazione nel mangiarla.
E sì, la differenza tra i tre era evidente.
Oltre a produrre numerosi formati di pasta con grani diversi, il Pastificio Mancini svolge anche attività di ricerca e sperimentazione (del resto, Massimo ha una laurea in agraria e un passato da ricercatore): " Il Senatore Cappelli (creato dal genetista Nazareno Strampelli) é un esempio di grano moderno, creato con tecniche di miglioramento genetico - ha detto - Come azienda, attualmente stiamo studiando una varietà di grano che abbiamo chiamato Nazareno, in onore di Strampelli; se funzionerà, la inseriremo tra le varietà che già produciamo".
Infine, di fronte al mare magnum di varietà di paste e farine oggi disponibili sugli scaffali di negozi e supermercati, quale può essere il più grave problema che affligge il mondo della pasta italiana? L'assoluta mancanza di conoscenza della materia da parte del consumatore, che diventa così facile preda delle mode più stravaganti ed effimere del momento. Una lacuna che è opportuno colmare, per il bene dell'economia nazionale (e della nostra dieta).
Il vino (moderno) italiano, una storia che continua
Da quando scrivo di vino - più di vent'anni ormai - ci sono alcuni libri in particolare, tra i moltissimi sull'argomento, che stazionano stabilmente nella libreria vicino al mio scrittoio, a portata di mano. Il primo è un libro di testo: "Elementi di chimica viticolo-biologica", di M.Fregoni, R.Ferrarini, F.Spagnolli. Il secondo è "Note pratiche di legislazione vinicola" di A.Sabellico e G.Martelli. Il terzo è la Bibbia delle uve: "Wine Grapes" di J.Robinson, J. Harding, Vouillamoz. Ultimo arrivato, un libro che si potrebbe definire di storia: "Storia moderna del vino italiano", a cura di W.Filiputti e edito da Skira.
Read More14 volte Casetta
Quando si parla della vocazionalità viticola di un'area, sarebbe buona regola chiarire fin da subito a quale periodo storico ci si riferisce. Parliamo del Trentino, per esempio. Oggi è considerato terra di vini bianchi, perfino di spumanti, perchè, obiettivamente, dai primi anni '80 ad oggi la produzione di uve bianche è andata aumentando sempre di più, a scapito di quella delle varietà rosse: nel 2014 furono prodotti 564 mila hl di vini bianchi, contro appena 172 mila di vini rossi (altri dati qui ).
Read MoreLa mineralità del vino è una metafora
Sono tempi interessanti, questi, per un filosofo...
C'è chi ha bandito il termine dal suo vocabolario di descrittori del vino, chi invece continua ad usarlo, nella convinzione di venir comunque capito da tutti, e c'è chi non si rassegna alla fumosità del concetto e insiste a ricercarne una spiegazione in qualcos'altro. Sì, parliamo di mineralità del vino, quella strana cosa che sfugge alle canoniche classificazioni di profumi-gusti fruttati/speziati/floreali/terziari eccetera. In breve: quando il vino ci ricorda qualcosa, ma non sappiamo dire con precisione che cosa, scartate tutte le consuete descrizioni, alla fine, di solito, lo si definisce minerale .Per questo, personalmente, non sono così ostile alla parola: in mancanza di meglio, è solo un modo (vago, generico) di chiamare qualcosa che non è né fruttato, né speziato, eccetera).
Read MoreA Year in Port - the film
Ci sono luoghi che per qualsiasi appassionato di vino sono dei must assoluti: destinazioni che non puoi non andare a visitare, almeno una volta nella vita: la Borgogna, la Mosella, l'Ungheria, l'Andalusia, il Douro... Anni fa, ho avuto la fortuna di fare dei viaggi-studio in questi (e altri) luoghi insieme ad un gruppo di professionisti (grazie, amici di Assoenologi Veneto Occidentale!) e ricordo quelle esperienze come alcune delle più belle che mi sia capitato di vivere. Tra tutti, il viaggio in Portogallo alla scoperta del Douro è stato sicuramente uno dei più straordinari: per la bellezza dei luoghi, per il calore e la simpatia delle persone incontrate, per la bontà dei vini e dei cibi.
Read MoreLa vigna, il vino e la biodinamica
La prima volta che andai ad una conferenza (affollatissima) di Nicolas Joly fu più di 10 anni fa. La biodinamica era ancora un argomento (abbastanza) da iniziati, ma c'era molta curiosità. Tornai a distanza di pochi mesi a ri-ascoltarlo, e soprattutto ad assaggiare i suoi vini che sì, devo dire mi piacquero molto e mi restarono impressi per l'originalità dello stile. Da allora ai giorni nostri, l'interesse per la biodinamica è continuamente cresciuto - e, ahinoi, si è anche molto estremizzato, nei toni e negli atteggiamenti.
Read MoreDue libri
L'estate, si sa, è il momento in cui per vari motivi troviamo (o cerchiamo di trovare) più tempo per leggere e per metterci in pari (almeno un po') con tutto quello che nei mesi precedenti siamo andati accumulando, si tratti di saggi, ricerche, articoli, post, e libri. Soprattutto libri.
Quelli di cui voglio parlare qui sono, ovviamente, due libri sul vino e del vino. Diversi e molto simili nello stesso tempo, e non tanto (o non solo) perché trattano dello stesso argomento, ma perché dalle loro pagine traspirano un entusiasmo e una passione molto simili. Più pensosi e pacati nel primo caso, perché mediati anche da anni di esperienza - e si sa che la vita è capace di ridimensionarti molti slanci e di fare giustizia di molte ingenuità -, ancora freschi e dirompenti nel secondo caso, perché l'avventura intrapresa è solo agli inizi.
Read MoreCinque buoni motivi per usare un Clayver in cantina
I contenitori (per la vinificazione o l'affinamento, o per entrambi) sono da sempre uno dei chiodi fissi di enologi e produttori di strumenti per l'enologia. Un po' per moda, un po' perché i gusti dei consumatori con il tempo cambiano davvero, e un po' perché anche le conoscenze tecnico-scientifiche si affinano, non passa anno senza che non salti fuori qualche nuovo ritrovato. Basta una visita ad un qualunque salone internazionale del settore per rendersi conto della varietà di prodotti in commercio. Alcuni appaiono più pretestuosi che realmente innovativi, altri no, sono decisamente un nuovo modo d'intendere il vaso vinario.
Read More12 easy facts about Italian wine
Easy facts to remember - yet sometimes uncomfortable.
1 - How many Italian grapes can you mention? Let’s see: Nebbiolo, Sangiovese, Corvina, Garganega… And? Come on! You’re omitting other 400 or 500 grapes! The Italian grape landscape is a lot more complex and detailed than what you believe. If you limit yourself to only a few grapes, you deprive yourself of more exciting discovers.
2 - Amarone della Valpolicella is not a grape: it is a blend of Corvina, Corvinone, and Rondinella grapes. Molinara has been out of the blend since 2003. Just a few (and brave, and truly traditional) wine producers in Valpolicella still put this grape in the blend of their wines.
3- A white Amarone della Valpolicella doesn’t exist. If you find a white wine with this name it’s a clamorous FAKE.
4- Prosecco is not a grape. It’s a wine! Its grape is called Glera.
5 - In Dalmatia there is a wine with a similar name, too: Prosek. It’s a passito still wine, though. Don’t get confused by the two.
6) Not every Italian sparkling wine is a Prosecco. Defining “Prosecco” any Italian bubbly wine is like calling “Ferrari” any Italian red car. Know the difference between the different Italian sparkling wines; there is Prosecco, Franciacorta, Asti, Trentodoc, Lambrusco, Lessini Durello… and on and on. You don’t want to make a dumb of yourself, do you?
7) Comparing a Prosecco to a Champagne is like comparing Lady Gaga to Edith Piaf: another silly thing.
8) Saying “It’s an Italian wine!” is an abstract simplification. Italy has 20 different regions, each of them produces wine (in different quantities), often made from native grapes - and called with weird names more or less easy to pronounce. Yes, it is not easy to go deep in this country - but it is worth it. So you discover that a wine produced in a Northern region can be very different from a wine produced in a Southern region, even if made with the same grape. No other country in the world can give you such an experience - except Portugal, maybe.
9) The so called “natural” (or organic, or bio-something) wine, produced in small quantities (from 1000 to 10 thousand bottles) in a handcrafted/traditional way with local grapes exists almost everywhere, in Italy. If this is your type of wine, you MUST come here, look for it, and experience it yourself. Normally it is not exported, because the quantities are too small, and the price too high.
10) If you are looking for such natural wines and expect to pay a price between 3-5 euros FOB, forget it. These kinds of wines are expensive! Too small the production, too high the production costs.
11) If you find a natural wine with an incredibly low price, keep away from it. There is something wrong, and /or somebody is lying to you.
12) The wine producers are usually very concerned about the labels of their wines. If they are very old style and/or traditional (a bit boring and obvious, I mean), it’s pretty sure that the wine is intended to restaurants, or "adult" drinkers. If the label is modern, colored, with a fancy name…it’s likely the wine is intended to the modern distribution, or to young people. Or the producer is a young one.
Easy, isn't it?